Ho appena ordinato su Vistaprint i biglietti da visita della mia nuova attività e mi rendo conto che in oltre 30 anni di “stampe” non ho mai fatto seguire il mio nome da un Job Title.
Se inizialmente lo feci probabilmente più per sbadataggine negli anni mi convinsi che era la cosa migliore da fare. Evitare di definire il mio ruolo con un rigido Job Title teneva aperte le porte al dialogo e all’approfondimento, evitava insomma di inscatolare la mia persona in una mansione precisa senza possibilità di replica.
Conservo ancora il mio primo biglietto da visita, quello che ufficialmente sancì il mio ingresso nella società produttiva appena terminati gli studi e con esso il ricordo dell’occasione che mi vide per la prima volta consegnarlo con orgoglio nelle mani di un fornitore.
Recitava “Massimo Rosa – Responsabile di Produzione e acque reflue” e di questo mi facevo forte in quanto era forse l’unica cosa che avevo da spendere.
In realtà tutto andò in frantumi quasi subito un giorno in cui durante una riunione con clienti esteri il mio capo non mi presentò con il mio Job Title ma semplicemente come il “suo collega“.
Benché avesse potuto tranquillamente riferirsi al sottoscritto come al “ragazzino appena arrivato che non aveva la minima idea di quello che stava facendo ed era presente alla riunione solamente per prendere appunti“, non lo fece e definendomi genericamente un suo collega ottenne un effetto dirompente che mi fece crescere in pochi secondi di anni ed anni di esperienza, facendomi sentire parte di qualcosa, una persona competente in grado di contribuire.
Da quel momento per me tutte le assistenti, i dipendenti e le segretarie di direzione con le quali ebbi il piacere e l’onore di lavorare diventarono “colleghe/i” e “collaboratrici/ori“.
Feci sparire i Job Title dal mio e dai loro biglietti da visita.
Da qui il convincimento dell’inutilità dei titoli di lavoro e delle descrizioni tabellari delle mansioni.
Anche se sono perfettamente consapevole che sarebbe folle ipotizzare l’eliminazione assoluta dei Job Title in quanto sono ancora indispensabili alle organizzazioni come uno strumento utile alla costruzione dei flussi organizzativi, assegnano funzioni e definiscono le relazioni tra i dipendenti, sono convinto che proporne l’eliminazione almeno dai biglietti da visita potrebbe portare giovamento alle relazioni professionali.
In particolare non è provato che i Job Title siano un’indicazione essenziale e precisa per identificare il ruolo di una persona all’interno di un’organizzazione.
Al contrario a volte incasellano e confondono, non specificano in quali progetti il lavoratore è impegnato, quali siano le responsabilità che gli sono state attribuite o semplicemente quali siano realmente le sue competenze.
Il mio biglietto da visita ideale? Nome , nome della società, recapiti. Stop. Spettacolare!
Così impostato il biglietto da visita diventa una esplosiva ed inevitabile opportunità di conversazione che si sviluppa durante lo scambio.
Interlocutori che dialogano a parità di condizioni, rendendo naturale fare domande del tipo “di cosa ti occupi esattamente?” e ancora più naturale dare risposte aperte e consone al tuo operato senza doverti limitare all’etichetta che ti è stata attribuita da un Job Title.
Il mio sogno? Parlare di personale in termini di contributi e di reale apporto, evitando le etichette, così da spostare l’attenzione dal punto in cui i lavoratori si identificano sull’organigramma al modo in cui contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi aziendali.
Un semplice modo per rimarcare che ognuno fa la differenza e tutti contano davvero.
Passare dall’impostazione “Io” al quella di “Noi” ti permette una modalità di tipo “io vinco – tu vinci“.
Anche il ROI (quello umano ovviamente ) schizza alle stelle incrementandosi alle voci “felicità“, “produttività” e “retemption” dei lavoratori.
Una cultura di questo tipo potrebbe essere certamente attraente per i nuovi talenti.
Umm… troppo drastico? Allora facciamo così: domani mattina fatti stampare dei biglietti da visita senza job title, usali e… fammi sapere.