Non ho mai amato la preistorica pratica delle referenze e raccomandazioni, specialmente non l’ho utilizzata nei confronti dei candidati che ho collocato.
Credo che oggi, che le caratteristiche personali equivalgono a quelle professionali, non siano rivelatrici di alcunché.
Ci sono state situazioni dove per conoscenza personale ho acquisito informazioni su candidati che ho gestito e sulle loro performance nelle aziende dalle quali stavano “fuggendo”.
Il più delle volte le referenze negative nascevano dalla eccessiva capacità critica ritenuta lesiva anziché vantaggiosa dai precedenti capi.
Altre invece ho ricevuto riscontri così positivi da far dubitare che l’unico motivo fosse quello di liberarsi velocemente del candidato.
In sostanza quella che può essere una caratteristica negativa per un capo ed un’azienda diventa improvvisamente positiva e strategica per un’altra.
Il mio scopo è quello di interpretare correttamente l’esigenza ed il clima aziendale e cercare il miglior candidato per soddisfarle, senza guardarmi indietro od ascoltare voci che potrebbero essere fuorvianti.
Ci sono manager che preferiscono circondarsi di Yesman mentre altri stimolano la criticità e gli aspetti più costruttivi dei propri dipendenti.
Voi utilizzate referenze?
Credo che il Reference checking, condotto in modo strutturato e professionale, fornisce ulteriore assicurazione che l’intuizione avuta rispetto a un candidato rispetto alle sue abilità e skills e capacità di ottenere risultati positivi nella posizione da coprire, è ben fondata. E in più fornisce indicazioni preziose riguardo alla compatibilità e integrazione nel nuovo ambiente organizzativo e per gestire la nuova persona al meglio.
Secondo il mio parere, che si basa anche dall’essere studente di psicologia, la necessità delle referenze implica la mancata capacità dell’head hunter di valutare le potenzialità del candidato in maniera adeguata, per cui necessità che qualcuno esterno che possa confermare le impressioni e scaricare la responsabilità in ipotesi di valutazione non corretta… ovviamente se una mia risorsa dovesse andar via e fosse un elemento valido ed importante non sarei propenso a fare un buon commento e perdermi di conseguenza una persona valida, inoltre se un professionista sta valutando ulteriori opportunità non si trova, all’interno della sua azienda, in una situazione di soddisfazione altrimenti non cercherebbe… molto spesso questa insoddisfazione dipende anche dalla persona a cui si chiedono le referenze… X cui…
Anche io non amo le “referenze”.
1 – Se positive, spesso sono dovute solo a clientelismo, simpatia personale, o chissà che altro di non legato all’ambito professionale.
2- Se negative, possono anche scaturire da una personalità forte ed acuta, con spirito critico e con molta creatività. Questo spesso da fastidio, specie ai “capi mediocri”, che han fatto carriera grazie al punto 1 e non al 2. 🙂
Tutto quadra.
Preferisco, se posso, farmi un’idea MIA.
a me è successo il contrario, mi spiego. Ho mandato il cv per un’offerta di lavoro presso un’azienda del luogo e l’impiegata dell’agenzia mi ha detto (abbiamo molta confidenza): “ah ma si tratta dell’azienda X, lo sai che li si sta male” . Si ok, ma che ne sai ta che io invece non sia adatta? solo perchè altri non sono stati bene non significa che sia lo stesso anche per me!
Condivido questo pensiero,solo che se l’azienda in cui lavori per motivi e criteri non chiari ti lascia a casa cosa puoi fare per farti notare ed essere ricollocato in un’altra azienda?..se non hai delle referenze,conoscienze……diventa tutto più difficile e impossibile essere chiamati per un nuovo lavoro.
Mi è capitato di fare un colloquio ad un candidato presentatomi dalla società di recruting come perfetto per la posizione. In effetti come profilo salariale e skills teoriche sarebbe stato perfetto. Ma parlando con lui, avevo l’impressione che fosse assolutamente inadatto ed incompetente. Fortunatamente conoscevo un manager della sua precedente società. L’ho chiamato ed ha confermato in toto le mie impressioni. talvolta le referenze possono servire….
Le referenze servono e non servono allo stesso tempo. A qualcuno vanno bene e per altri sono un’arma a doppio taglio, soprattutto quando si devono fare favoritismi.
La capacità di una persona si vede da come ci si propone, da come ci si comporta sul posto e dalla volontà di fare sempre.
E non è strettamente proporzionale a precedenti esperienze di lavoro, con situazioni interne e teste diverse.
Credo che la posizione dello “yes man” blocchi la crescita professionale di un lavoratore che, anche sbagliando qualche volta, ci mette anima e sudore per dimostrare interesse verso la propria azienda.
Largo alle opinioni e alle critiche costruttive per un clima migliore.
A mio avviso recruiter “realmente” capaci e professionali non necessitano di “refenze” per valutare le potenzialita’ di un candidato. Purtroppo, come tristemente noto, la maggior parte delle volte, si viene valutati da pseudo-fanta-professionisti che non hanno contezza degli argomenti che trattano, puntando solo a far risparmiare l’azienda e trasformando l’importante momento della valutazione in mercato delle vacche.
La “squadra” si costruisce e si forma, non nasce da sola!
Un cordiale saluto
Le referenze sono comunque troppo soggettive e legate indissolubilmente a chi le rilascia. Possono essere utili per far emergere punti di attenzione da approfondire durante la conoscenza diretta del candidato. E comunque vanno eventualmente raccolto DOPO aver conosciuto il candidato, in modo che non vadano in alcun modo a creare dei pregiudizi che possano condizionare il recruiter nella fase di prima conoscenza.
Complimenti Massimo. Hai espresso un estratto di verità e consapevolezza di come funzionano mediamente certi ambienti di lavoro dove anche le caratteristiche positive di chicchessia diventano negative per sostituirti con il primo amico di ventura… Ci sono poi anche manager che non solo ti nuociono perché ti temono per qualche motivo e perché hai maggiore esperienza aziendale multivariata di loro ma benché tu cerchi di cambiare ambito aziendale, con piu tentativi di job rotation, cercano di referenziarti male per invidia o per fare chissà cosa. Sono i peggiori, soprattutto quando, dal basso della loro immoralità, vanno a colpirti sul personale cercando di demoralizzarti intaccando la tua autostima. In genere sono i manager che hanno raggiunto quella posizione per opere di lecchinaggio e guai ad incontrarli: se sei troppo positivo ed ottimista, sono capaci di immobilizzarti e produrre lentamente le condizioni di un vero e proprio scaccomatto. In genere si insinuano come serpenti facendo finta anche di essere tuoi amici e consigliarti quando stai attraversando periodi dufficili della tua vita…
Le caratteristiche personali rappresentano ai morsetti la summa delle esperienze lavorative ed umane trascorse e dei valori della persona
Bravo Francesco! E naturalmente condivido quanto esposto da Massimo!! Purtroppo troppo spesso l’uso delle referenze viene anche applicato dai manager per risolvere problemi di natura sostanziale nei rapporti con i clienti. In questi casi, soprattutto per ruoli di Sales o di CRM, il risultato è spesso disastroso!!
D’altro canto però questa pratica è anche un modo per limitare la responsabilitå di numerosi manager e recruiter dal valore e dalla competenza discutibili
Importante certo. Peccato però che se ci si lascia non proprio in ottimi rapporti e puoi contare solo sulle loro referenze in quanto unico lavoro ottenuto in Svizzera, devi capire se vale o non vale la pena menzionarle al recruiter in sede opportuna per dare una premessa condizionante.
Per dare un giudizio obiettivo credo che il datore debba conoscere personalmente il candidato.
Buonasera. Allora, io non sono a favore delle referenze, perché in effetti condizionano il nuovo potenziale datore di lavoro, sua in positivo che in negativo. Sono d’accordo che debbano essere richieste solo dopo aver fatto un colloquio al candidato, ma in maniera mirata su alcune hard o soft skills di utilità dell’azienda.
Il mondo anglosassone fa largo uso di questo strumento, ma concordo sulla relativa scarsa affidabilità delle stesse nel contesto italiano.
Credo che ogni contesto sia a se così come lo sia ogni persona con la quale interagiamo e ci interfacciamo. Posso dare il massimo in un contesto perché fortemente stimolata ed incentivata e posso essere scontenta in tutt’altro perché nessuno prova ad accrescere e sviluppare le mie competenze e, di conseguenza, magari reagisco male e maturo la voglia di andar via. Credo che in Italia, dove molti ambienti lavorativi si basano fortemente più sulla voglia di competere e fare le scarpe (non che nel resto del mondo non ci sia competizione ma forse è più sana e deontologicamente professionale) richiedere le referenze possa essere molto ma molto fuorviante sia in positivo che negativo. Alla fine, le persone le si testa sul campo e se siamo bravi a creare un clima lavorativo stimolante saremo anche bravi ad esaltarne le capacità, cosa che altri, prima di noi, magari non sono riusciti a fare.
Molte volte alcune considerazioni vengono considerate critiche distruttive ma, al contrario alcune critiche vengono fatte per far sì che una struttura, qualunque essa sia, possa crescere e produrre redditività. Molto spesso ci si scontra con Manager che nn apprezzano, o meglio nn capiscono, questo tipo di “critiche”.
In questo momento storico gli Yesman vanno per la maggiore nel mondo del lavoro.
Vorrei fare un paragone tecnologico.
Si parla moltissimo di BigData, Data Analitycs e Artificial Intelligence.
Bene, la questione da lei esposta si sposa perfettamente.
Raccogliere molti dati serve a poco se non si analizzano criticamente scartando e selezionando.
Solo una volta che questi dati sono stati raccolti e ripuliti, possono essere utilizzati per prendere decisioni future in maniera affidabile.
Sembra immediato, ma molti dei clienti che incontro pensano che la raccolta sia la fase piu importante.
In effetti è un processo piu’ lungo e complesso, altrimenti le referenze/dati sono solo “rusco”, come direbbero i miei amici bolognesi.
Saluti
Ho chiesto referenze, ho fornito referenze, sono stato oggetto di referenze. Penso siano utili solo se sono finalizzate a confermare un’idea che già si ha su un candidato o a approfondire aspetti particolari che è difficile far emergere in un normale colloquio, altrimenti diventano fuorvianti.
Trovo invece che sarebbe molto interessante approfondire il discorso collaboratori Yesman vs collaboratori critici … qui come si dice “si apre un mondo” ….
Uno dei post più stimolanti che abbia mai trovato su internet. Bella domanda. Le referenze sono uno strumento prezioso ma bisogna saperle usare. Esempi concreti: Mario Rossi lavora in una piccola azienda, dopo alcuni mesi che non lo pagano decide di andarsene. Sbattendo la porta. Che referenze ti darà il suo ex capo ? Oppure: Anna lavora da un dentista che però inizia a palparle il sedere in modo sempre più insistente… lei decide di andarsene: che referenze potrà dare il dentista su di lei? Nel mio
Ambito lavorativo sono poco usate. Mi è capitato di portarle in forma scritta ad una big company, ho portato tre lettere firmate da clienti e colleghi. Morale? Hanno preso uno che giocava a calcetto con un loro dipendente…. ergo in Italia devi avere raccomandazioni, referenze e infine “segnalazioni”
Da semplice appassionato della materia leggo il suo intervento ed i commenti e comprendo quanto complicato, ma per questo molto stimolante, è il lavoro di selezione. L’idea che mi sono da questa lettura è che le referenze peccano di soggettività, ma anche i numeri rischiano di cadere in una oggettività relativa ad un tempo ed una situazione che forse non potranno ripetersi. Così pensando resta la persona, e qui oso dire la mia, che va analizzata per quello che è: si ricava una fotografia di una risorsa umana con le sue virtù, i suoi difetti che comunque rimane una istantanea che non garantisce nulla nel proseguo. Per questo, credo, che referenze e numeri vadano tenuti conto quando vengono estrapolati da percorsi ricchi di cambiamenti ed occasioni. Per esempio, ho lavorato dieci anni in un’azienda monopolista, quanto valore potrebbero avere le lodi e gli obiettivi raggiunti in quella condizione se cerco di vendermi nel libero mercato? La persona dunque che, va ricordato alle aziende, da ella valore al suo titolo e al suo lavoro, mai viceversa. Persona che poi va monitorata attraverso un piano di “manutenzione relazionale” utile, ad esempio, a selezioni interne, scarsamente usate per quella che è la mia esperienza.
Limito le mie considerazioni alle referenze che un vecchio datore di lavoro fornisce relativamente a una sua “ex” risorsa. La “letter of reference” può essere uno strumento utile a fornire un primo feedback alla nuova/potenziale azienda, o quantomeno a dimostrare che quanto scritto sul CV non è semplicemente frutto di fervida fantasia. In un mondo lavorativo (specialmente italiano) dove le conoscenze contano spesso più della conoscenza, trovo questa prassi quasi salutare, perché aiuta a certificare, ci si augura in modo oggettivo, le esperienze pregresse.
A me non mi a mai referenziato nessuno e io non l’ho mai fatto ma meglio una feedback positiva di un’altro piuttosto di molti profili farlocchi che ho letto in qsto midia …….meglio lo yesman che quello che si stima da solo, se la suona (come si dice) e poi sotto il nulla. E poi viene fuori che anche i posti dove dice di avere lavorato e le sue autoreferenza sono farlocchi. Questo penso sia la persona peggiore, Ho sbaglio?
Ciao Massimo, nella mia personale esperienza le uniche referenze di cui tengo conto sono quelle che mi vengono fornite da professionisti e amici che stimo professionalmente e che -quasi sempre – mi restituiscono un feedback reale (e leale) sulla persona di cui mi interesso. Stessa cosa faccio io quando mi viene chiesto.
Di recente mi è capitato, ad esempio, di sostenere la candidatura spontanea di una persona presso una azienda per la quale ho lavorato in passato. Stimando molto la (pur giovane) collega in questione, non mi è stato difficile descriverne pregi e limiti, semplicemente… onestamente…
E capita in questi giorni che alcuni colleghi e amici si siano presi la briga di segnalarmi ad aziende con cui collaborano e di dirmelo “a cose fatte”.
Nessuno meglio di te dovrebbe apprezzare la utilità di un sistema di relazioni affidabile, che può generare candidature apprezzabili, velocemente e senza spendere (tempo e soldi) per la pubblicazione e lavorazione di inserzioni.
Chiaro che questo non pregiudica, ne lo ha mai fatto, le mie scelte ne l’apertura mentale verso persone prive di referenze!
È la differenza tra referenza e raccomandazione….
Ho da poco dato le dimissioni, un vero e proprio divorzio, non ne potevo più. Credo che le referenze in questo caso sarebbero disastrose, un divorzio non consensuale !
Non le usiamo, ma facciamo molta attenzione a motivazione al cambiamento ed inclinazione al ruolo, oltre che un iter di selezione basato su 3 colloquio in generale.
Credo che le referenze completino un CV e fanno parte di una presentazione. Non devono essere l’unico metro proprio per evitare i trabocchetti evidenziati nel post.
Le referenze possono essere utili per “farsi un idea”, poi sta al candidato dimostrare il proprio valore. Personalmente sono consapevole del mio valore e lo faccio prevalere su eventuali referenze. Mi piace conquistarmi le cose
Quanta verità riassunta perfettamente in un post! Purtroppo lo spirito critico e intraprendente viene quasi sempre visto negativamente, come un’insidia non uno spunto di riflessione e crescita per tutti, come una minaccia da reprimere non un terreno da coltivare. Molto più frequentemente invece l’essere “yesman” viene scambiato per un merito, un atteggiamento da premiare. Ma il critico lo è prima di tutto con sé stesso e si esprime in funzione di un desiderio di crescita dell’azienda di cui è dipendente come se fosse la propria. Lo yesman rimane solo e sempre un furbo, che simula interessamento solo in funzione del proprio interesse. No alle referenze, ogni esperienza ha una storia a sé, spesso dipendente dal contesto, la valutazione non può essere assoluta.
Senza cappelli sulla testa si può sempre lasciare il tavolo senza chiedere permesso.
Io sono stata oggetto di una chiamata del mio ex capo al nuovo con l’unico scopo di farmi perdere il lavoro nuovo. E ci è riuscito creandomi una situazione davvero pericolosa per la mia vita essendo sola e senza appoggio. Questo ovviamente non è proprio un esempio di referenza ma bensì di cattiveria e meschinità umana.
Contestualizzate, le referenze permettono di meglio completare la valutazione di un professionista, ponendosi le giuste domande e valutando azienda-candidato-momento. Quindi sono d’accordo con quanto scrive e considero utili le referenze se usate in modo critico e analitico.
Mi sono state chieste da candidata, ovvero l’azienda che stava valutando la mia assunzione ha contattato direttamente la mia ex manager e l’ex team leader da me segnalati (poiché figure chiave del mio team). Nel mio caso sono state delle referenze molto positive e penso possano avermi aiutata, ma non credo che ribaltino delle convinzioni o possano determinare da sole un risultato.
Personalmente le ho usate pochissimo, più come spauracchio verso il candidato che altro (coi low profiles funziona per avere sincerità).
A volte le ho sconsigliate all’azienda che me le chiedeva, altre (poche, forse le conto sulle dita di una mano?) ho assecondato la richiesta perché comunque apposita parte del servizio. Effetti diversi, per lo piu inutili.
Da candidata non mi sono mai state chieste. Invece le ho avute dal mio datore di lavoro una volta: propostemi da lui spontaneamente il giorno che mi comunicava che alla scadenza contrattuale non avrei avuto proroga…
Credo invece nelle segnalazioni e nel volano positivo che le relazioni possono creare.
Manterrei però separati i concetti di referenza su richiesta e il visionare i profili social, che sono altra cosa. Credo molto nel PBS e il candidato deve essere responsabile di ciò che concede di sé al mondo.
Personalmente la richiesta compulsiva di referenze (molto comune in questa piattaforma) la considero equivalente alle richieste di like su Facebook.
Uno spreco di ditteggiatura…
Quando finii il mio stage in Ferrari (fui il primo studente in Economia ad essere scelto) il Direttore della Comunicazione, il mitico Antonio Ghini, ebbe la premura di prepararmi e firmarmi 20 lettere di referenze (10 in italiano 10 in inglese).
MAI USATE!
Penso che delle belle parole, scritte da una persona che considero il mio mentore professionale non diano l’idea di chi sono.
Le persone si vivo i morti si leggono.
Una persona quando mi chiama per un colloquio lavorativo proprio per la natura stessa dell’incontro DEVE AVERE LE PALLE DI CONOSCERMI COME PERSONA.
PERCHÉ LA PERSONA È IL PROFESSIONISTA
Nell’era degli influencer, l’utilità della referenza è direttamente proporzionale alla bontà del referente.
Salve Dr. Rosa,
Per me le vere referenze sono nei numeri e nelle cose fatte un pò come la divisa di un militare le cui mostrine e medaglie parlano da sole!
Il problema semmai è come un candidato deve riuscire a dare evidenza del suo profilo professionale in maniera chiara e trasparente senza bisogno di appoggiarsi al giudizio compiacente di qualcuno.
Essendo stata circondata da raccomandati / segnalati in ben 16 anni di lavoro, personalmente abolirei anche le referenze. Ne ho viste scrivere troppe per gente immeritevole. In Italia ci sono troppi talenti senza carriere e troppe carriere senza talenti, problema annoso e temo ormai incancrenito.
Equivale a riconoscere l’incapacita di selezionare il giusto candidato…. una buona capacita di screening ed esperienza sono sufficienti per capire al di la di cv ed apparenze
Nel regno unito sono obbligatorie, la motivazione è semplice :nella patria del mi5 si verifica se una persona ha scritto il vero sul proprio profilo, si verificano anche i profili Facebook e LinkedIn per comprendere la psicologia del candidato.
In Italia chiedere una referenza è come chiedere un Rene a qualcuno, ti guardano storto manco tu avessi fatto chissà che male, però vanno bene le domande “mi dica 3 prego e 3 difetti”.
In Italia state rovinati (non c’è l’ho con lei dottor Rosa)
al di la delle giuste considerazioni che lei ha fatto in merito al tema delle referenze che condivido totalmente penso sia altresi importante capire che una persona nel tempo cambia ,matura si evolve. la referenza è per sua natura legata al passato .
Inoltre lo stesso ambito lavorativo impatta notevolmente sulla resa di una persona e in tal senso gli esempi sono molteplici
Non mi occupo di selezione, posso dire la mia come potenziale candidato.
Chiedo referenze sull’azienda/situazione finanziaria/clima aziendale/possibilità di crescita professionale se conosco personalmente a chi chiedere, o al massimo ad un grado di separazione. Non oltre, poi si ottiene l’effetto telefono senza fili.
Può essere utile per avere qualche informazione in più. Naturalmente i casi negativi che tu elenchi sono possibili. Ma se SINCERAMENTE posso aiutare uno che vale…