Quando un capitano d’impresa ha la fortuna di aver individuato ed assunto dipendenti capaci e fedeli il suo lavoro è appena cominciato.
Secondo l’Harvard Business Review gestire i dipendenti come una “materia prima” è ancora prassi comune a molte aziende.
Ben il 75% di coloro che abbandonano volontariamente il posto di lavoro lo fanno non a causa di motivi imputabili al lavoro stesso ma al comportamento negativo dei loro capi.
Le persone in pratica “Non abbandonano il lavoro ma le cattive persone“.
Ricevo spesso richieste d’incarico da parte di imprenditori che si lamentano di non riuscire a trattenere i dipendenti migliori ed ammetto che personalmente sono fra coloro che pensano “sia meglio lavorare per un buon capo in un’azienda pessima che non per un pessimo capo in una buona azienda”.
Chi non sarebbe felice di avere dipendenti carichi e motivati?
Ma purtroppo non tutti sono disposti a fare ciò che è necessario per guadagnarsi e mantenersi la loro fedeltà.
Gestire con rispetto ed educazione quotidianamente i propri dipendenti focalizzando la relazione su:
– manifestazioni di fiducia ed apprezzamento
– coinvolgimento
– l’assegnazione di incarichi sfidanti
ed ovviamente
– un corretto livello retributivo
– un piano formativo consono alla mansione
– promozioni ed avanzamento di carriera
potrebbe essere a mio avviso un buon piano per trattenere i talenti.
Un buon manager dovrebbe in pratica “far scudo” proteggendo i propri dipendenti dalla tossicità di un lavoro negativo, e lavorando per la loro felicità, fare in modo che nessuno possa anche solo immaginare di andarsene altrove.
Che ne pensi? Cos’altro consiglieresti?
Buongiorno!
È innegabile che qualsiasi cosa si faccia riesca meglio
se si è sereni.
La priorità di chi gestisce altre
persone dovrebbe essere garantire uno stato d’animo
positivo del team.
Per fare questo occorre competenza e predisposizione.
Essere veramente felice x il successo di altri non è da tutti.
È una questione di obiettivi.
Denaro o Felicità?
Coachingstyle!
Penso che sia questione di prospettiva fino a quando le persone saranno considerate un mezzo (risorse umane alla stregua di risorse economiche, risorse produttive…) e non un fine non ci sarà mai il passo auspicato, questo vale per tutte le persone facenti parte di in organizzazione ma in particolare modo per i talenti e per quello che vengono definiti “dipendenti migliori”.
Niente da dire … belle parole ma servirebbero fatti . tutto ormai è comandato dal Dio Denaro tutti saprebbero cosa fare ma praticamente nessuno le fa. Detto che il giudizio su ogni singola persona è sempre soggettivo di fatto come si può fare a stimolare il Meritevole dipendente . i metalmeccanici hanno circa 4 livelli ed è molto chiaro che se x esempio noi analizziamo tutti i 5 livelli di un azienda tutti tra loro hanno capacità diverse …. Quindi ? per differenziali si danno incentivi in soldi. a uno 30 a uno 70 a uno 150 ………. o facciamo promesse di cosa …. La verità è che spesso l imprenditore si accorge della bontà del proprio dipendente quando ornai l ha perso ….
Assolutamente condivisibile.
Peccato che nella stragrande maggioranza dei casi, in italia rimangano solamente belle parole.
Teorie astratte di un consulente HR.
Buon giorno a tutti. La grande è brutta verità che si cerca di nascondere è il personale premiato solo per favoreggiamento che lo si porta ai piani alti con conseguente aumento salario, nonostante la persona premiata e alla bocca di tutti come incapace di svolgere le mansioni per mancanza di competenza rimane sempre nei piani alti perché a qualche dirigente piace ricevere favori e regali, sottovalutando il pensiero di tutto il Tim che notando ciò lavora disgustato e cerca subito di cambiare azienda. Morale della favola cari dirigenti dubbi tate dei ciarlatani e accantonate favoritismi e regali. Un uomo deve saper valutare un’altra persona da professionalità correttezza interesse aziendale. Giusto Luca ceroni?
Molti manager a tutti i livelli parlano spesso di customer focus e customer retention, dimenticando che i primi clienti all’interno di un’azienda strutturata sono i collaboratori, i dipendenti, i colleghi di altri dipartimenti. Tutte le buone pratiche che le aziende mettono in atto per guadagnare nuovi clienti e trattenerli dovrebbero essere applicate in primis alle persone di talento presenti in azienda, dai più ai meno giovani. Trattenere una risorsa di valore, specialmente se giovane, significa motivarla in tutti i modi sopra elencati, ma non solo. Quelli sono riconoscimenti “materiali” tutti misurabili e quantificabili in termini di costo. Ma quanto costa a un manager (o quanto può guadagnare un collaboratore) mettersi in gioco sotto un profilo umano? Mostrarsi interessato a come il proprio collaboratore vive le sfide del lavoro, cosa prova, cosa desidera, quali sono le sue leve motivazionali..e lavorare su quello? Entra in gioco il fattore umano, l’unica cosa non monetizzabile, che spesso vale più di tanti riconoscimenti monetizzabili. Trasmettere fiducia, essere visto come un capitano al timone che sa dove sta andando, anche se il mare è in tempesta o la riva è ancora lontana.
Sono d’accordo ma purtroppo non rispecchia la realtà, va avanti chi parla tanto ed è incapace soprattutto in grandi aziende. Per esperienza sono pochi i datori di lavoro che procedono come consiglia lei. In Italia non esiste meritocrazia ho vissuto tanti anni all’estero e so di cosa parlo. I datori di lavoro quei dipendenti meritevoli li perdono perché il loro focus è sui numeri aziendali alla faccia della qualità e professionalità
La parole capo o datore di lavoro devon sparire dal vocabolario contemporaneo. Bisogna essere un team e fare un team ci deve essere un allenatore molto bravo.. Spesso lo vediamo anche nel mondo sportivo dove un team affiatato puo nascomdere la palla agli extraterrestri. Tutto parte dal corretto calciomercato di un allenatore bravo e mai mettere limiti alle potenzialita’ dei giocatori
Sapete perché non li trovate? Perché li volete GIOVANI e apprendisti, anche stagisti se vi capita la fortuna. Così appena trovano di meglio scappano verso il pesce più grande. Da 40 in poi ci scartate. Non leggete nemmeno il CV ma vi basta la data di nascita per non proseguire nella lettura. E invece una persona che ha già avuto altre esperienze, che magari è disposta a rimettersi in gioco magari dopo molte vicissitudini lavorative potrebbe essere la scelta giusta per un investimento di una preziosa risorsa a lungo termine.
Trattare I collaboratori come persone e non come un costo sul consuntivo…..
Creare le condizioni per far si che la loro performance possa migliorare
Ascoltarli
Fornire feedback continuamente
Chi sa di avere una professionalità consolidata, sceglie l’azienda a cui dedicarsi ed è difficile che si vincoli per tempi indefiniti.
Perché? Perché solo così si può migliorare il proprio livello di conoscenze, la propria valorizzazione sia professionale che economica.
Questo vale per ogni dipendente ad ogni livello.
Così l’azienda che vuole raggiungere obiettivi di produzione e fatturato dovrà avere ben presente questo elemento.
Negli ultimi 30 anni siamo passati da un mondo del lavoro relativamente statico, dove si iniziava la carriera lavorativa in un’azienda
con un tasso di fedeltà aziendale altissimo ad un mercato del lavoro estremamente dinamico, dove le esperienze lavorative
mediamente non superano i 3/5 anni con la stessa azienda e più è elevato il livello di professionalità e più la permanenza
nella stessa azienda tende a ridursi soprattutto tra i più giovani.
Che fare? Fintanto che il lavoro sarà “merce” di scambio il cambio di casacca sarà inevitabile.
Benefit e riconoscimenti economici aiutano a “trattenere” i bravi dipendenti, ma senza una buona organizzazione aziendale, investimenti
sulla formazione e sull’uso della tecnologia e coinvolgimento sugli obiettivi, ci saranno sempre buoni motivi per cambiare.
credo che un buon imprenditore debba essere come uno psicologo , studiare il proprio dipendente e ” sfruttare ” le sue qualità migliori in modo da motivarlo e renderlo soddisfatto e forse anche realizzato.
Molte volte i datori si credono superiori ai dipendenti, perdendo di fatto la loro stima… Bisogna smettere di pensare al fatto che se le cose vanno bene e meriti dei datori di lavoro e se vanno male e colpa dei dipendenti…
Il datore di lavoro e leader di un gruppo funzionale solo quando invece di criticare aiuta chi sta indietro…
Spesso capita che i dipendenti hanno più preparazione e lungimiranza del loro capo…trovare un capo, che con tutta l’umiltà di questo mondo, si metta a disposizione per un confronto ed accettare e sfruttare la dote del proprio dipendente…. È PRATICAMENTE IMPOSSIBILE CHE SI VERIFICHI CIÒ…
purtroppo il mondo del lavoro è improntato su manifestare le proprie manie di grandezza…spesso porta alla morte di una azienda/impresa.
Buongiorno,
Condivido a pieno sia il post che la risposta del Sig Serpi e vorrei anche aggiungere la paura di un Capo e non Leader quando si accorge che un suo sottoposto ha qualità migliori delle sue e per spirito di conservazione ti mette in condizione di lasciare creando anche un danno all’azienda. Danno che il board non vedrà mai perché offuscato dalle idiozie e falsità raccontate dal Manager in questione.
Già il termine “trattenerli” è spunto per una prima riflessione! Ha il sapore di prigionia!
Direi piuttosto che i dipendenti “smart” hanno l’indole indomita e quindi ciò che attira la loro attenzione è la ricerca e lo sviluppo. Quindi userei dire:”come posso attivare la loro curiosità e vivacità intellettuale?”
Buongiorno , ottimo punto di riflessione che condivido.Anche l’elenco fatto sugli elementi sui quali bisognerebbe focalizzarsi mi trova d’accordo, al primo posto metterei “coinvolgimento” Purtroppo però i buoni capi , che spesso non hanno doti di ascolto e comunicazione e , ancora più spesso, non hanno capacità di analisi, sono diventati rari , un pò come i croissant : provate a trovarne uno vero al mattino consumando una colazione …. sono rimasti solo quelli surgelati !
A mio avviso il buon capo, non deve nemmeno privare i suoi collaboratori del loro tempo libero, ma anzi, lasciargli i loro spazi e i loro tempi, così si sentiranno meno obbligati ed oppressi e probabilmente, oltre che a stare meglio, renderanno anche di più
Questo articolo mi conforta. Però vorrei aggiungere che a me, sia personalmente che attraverso esperienze altrui, è capitato il contrario. Sono stata io dipendente a lamentarmi di capi che non sapevano fare i capi esattamente per tutti i motivi citati nell’articolo. Ed ho provato anche a farglielo capire! Ma quando si crede di essere sul percorso giusto non si riesce ad aprire le orecchie per ascoltare. Con il risultato che io sono ancora alla ricerca di un Capo e loro cambiano dipendenti dietro dipendenti (e tutti vanno via per le stesse ragioni) fregandosene. Io lavoro nel mondo della ristorazione, una realtà che spesso purtroppo é improvvisata da chi ha il capitale ma ignora cosa significhi essere un imprenditore, senza rendersi conto che la sua vera ricchezza è il capitale umano di cui si dovrebbe circondare.
L’azienda ideale, così come il lavoratore ideale, non esistono.
La natura umana è migliorabile, ma fallibile, perchè condizionabile da interessi, convinzioni, sogni
e ideali che spesso sono destinati a confliggere e ha creare sempre nuovi
schieramenti e nuove divisioni.
Il mondo del lavoro fa parte di tutto questo.
Cosa possiamo fare? Da soli nulla.
Sarebbe già un inizio di successo riuscire a coordinare le differenze, intuire i diversi talenti
e incoraggiarne la crescita verso un disegno comune in cui ognuno si riconosce e
vede riconosciute le proprie competenze.
Darsi dei traguardi da raggiungere può portare all’obiettivo, darsi un obiettivo senza
traguardi intermedi porta al fallimento.
I punti cardine sono stati menzionati, a corredo aggiungerei CONDIVISIONE 🤔 degli obiettivi o della vision dell’imprenditore. Far sentire i talenti parte integrante di un qualcosa più grande è sempre utile a cementare Le Risorse.
“C’è un grande uomo che fa sentire ogni uomo piccolo. Ma il vero grande uomo è colui che fa sentire tutti grandi”. Gilbert Keith Chesterton
Il benessere delle persone è il fondamento per un’azienda di successo. È una semplice verità………che molti fanno finta di non capire!
Personalmente penso che persone capaci immerse in un contesto stimolante, nel quale gli stessi colleghi e capi formano gruppo affiatato per un obbiettivo comune non hanno motivo di andarsene, anzi in maniera naturale le conoscenze personali diventano di tutti,facendo crescere il gruppo e l’azienda al di là di stipendi o benefit che vengono naturalmente dopo. Nella realtà le persone capaci vengono immesse in realtà morte dove gli stessi capi e colleghi per invidie e gelosie fanno passare la voglia di lavorare appiattendo verso il basso l’eventuale crescita. Quindi meritocrazia senza dubbio , anche se in Italia la vedo duretta.
Parole sante!
Consiglierei quindi ad ogni head hunter di invitare ad un colloquio ogni capo d’azienda o manager, prima che il futuro collaboratore affinché, comprendendo il loro stile di “guida”, possano evitare di suggerire la risorsa migliore per l’azienda ed individuare invece quella migliore per il loro stile.
Concordo con quanto indicato: dovrebbe essere un vademecum per chi ricopre ruoli di responsabilità e gestione di un team e aggiungerei che non tutti sono in grado di essere “Capi” sebbene eccellenti professionisti. Come del resto non è imputabile al solo manager la volontà di un dipendente o collaboratore di cambiare.
Partecipo malvolentieri.
Ci sono presupposti di base che non condivido.
Non lavoro per qualcuno con il presupposto di base di essergli fedele, né chiedo fedeltà. La correttezza tra le parti regola molte più cose, con reciproca soddisfazione.
Ho cambiato più volte lavoro, e come me tanti altri, conservando un ottimo rapporto con il datore di lavoro o il committente.
Si cambia lavoro anche per ricevere nuovi stimoli.
Insomma per crescere.
Il dipendente, il collaboratore, non è di proprietà di nessun datore di lavoro.
Da dipendente pensavo così, da datore penso così.
Ma sanno riconoscere i bravi dipendenti? Talvolta sembra che anche chi selezioni, usi modelli mentali “prestampati” che non li fa vedere oltre le apparenze. Come dire basta guardarci intorno e renderci conto di come abbiano successo molte italiche aziende…prima che chiudano!
Assolutamente d’accordo con Lei.. Ma rivolgerei il suo messaggio anche ad aziende che in realtà non hanno un capo/padrone, così vicino… O comunque presente..
Cito un mio ex datore di lavoro : “tutti sono utili nessuno è necessario”. Cercasi neolaureato con 10 anni di esperienza.
Purtroppo dipendenti che lavorano duro mettendo al primo posto l’interesse dell azienda sono spesso schiacciati nel quotidiano da capetti che invece mettono come prima priorità se stessi ed il
loro orticello.Il capo non vede, quando glielo dici non ti crede o non capisce cosa succede o preferisce pensare di non avere il problema è si fa tirare per la giacchetta da questi soggetti e quindi si finisce per perdere le persone veramente valide . Il problema è la leadership che non sa essere autorevole e non è preparata a gestire pragmaticamente processi come performance review ad esempio.
I dipendenti validi vanno via anche se hanno un buon responsabile. Perché? Perché un Manager esemplare diviene spesso anche un obiettivo professionale, la voglia di crescita può dunque portare il professionista valido a voler cercare altrove i soldi e la carriera che l’azienda attuale non sa proporre. Non diamo sempre la colpa ai ‘Manager’. E lo dico da Manager e da Collaboratore.
Un’ottimo capo/titolare ha solitamente un’ottima azienda, grande o piccola che sia.
Aziende di questo genere sono generalmente conosciute e non fanno fatica a trovare i lavoratori, perché le voci girano più veloci di internet e i curricula arrivano senza pubblicare annunci!
Aggiungerei ambiente di lavoro efficiente e gradevole; migliore bilanciamento vita personale/professionale.
Specie se l’azienda è piccola e con meno opportunitá di carriera occorre che sia competitiva nel promuovere una qualità della vita personale mentre da la possibilità al dipendente di crescere professionalmente e far crescere insieme l’azienda.
Oggi le risorse umane vengono messe in secondo piano. ERRATO.
Ci vuole semplicemente fiducia e comunione di intendi. Siamo noi l’azienda
La questione è tutta qui: i sottoposti devono desiderare di imparare cosa fanno i loro superiori. I superiori hanno l’obbligo di insegnare ai loro sottoposti. Senza ciò. .. noj c’è crescita e senza crescita c’è solo …. la morte di una azienda
Tutto parte dall”onesta intelletuale… da una parte e dall”altra….meta” dell”opera secondo me e” li a portata di mano…raggiungibile soltanto sentendosi parte dell”azienda e lavorando perche il dipendente si senta tale…
Rispetto ed educazione reciproca sono la base minima per un ottimo rapporto interpersonale. Quando viene a mancare da uno dei due lati, la frattura che si crea è spesso insanabile.
Il tema “merito” in Italia è stato tanto trattato sia a parole che per
iscritto che francamente non so come commentare ne cosa aggiungere…si
sono già ampiamente espressi in materia eminenti istituti di ricerca
nazionali ed internazionali, fior di letterati, scienziati, testate
giornalistiche di rilievo, ecc…..Adesso la “fiera del Clichè” per
esimersi dall’autocritica, per affrontare la realtà e per distrarre dal
problema, si è arricchita con la retorica del “prima noi” sui tavoli
della politica (pare faccia presa..) quando il problema è atavico e di
ben altre origini…ma è troppo lunga e lei ne sa piu di me di certo, va
bene cosi..buon duro lavoro.
Rispetto e correttezza. Per me sono fondamentali nella gestione delle persone. Un Manager non deve avere paura d’insegnare e di ascoltare…
Un buon capo ha anche una buona azienda. Attirare bravi collaboratori è più naturale di quanto si pensi perché le persone simili sono anche quelle che stanno meglio insieme. Il fatto di trovarle dipende dove si guarda, chi si ascolta e cosa si vuol fare.
La FLESSIBILITÀ del mercato del lavoro, visto il nuovo scenario globale (aumentata concorrenza, ridotta visibilità della domanda, accorciamento del ciclo di vita dei prodotti e delle stesse aziende) è stato “giustamente” sponsorizzato dal mondo imprenditoriale. Credo che però affinché il sistema funzioni sia necessario spostare il focus. Dal lato dell’OFFERTA (lavoratore dipendente) visti i presupposti e data la quasi certezza che nessun datore di lavoro può garantirti il raggiungimento dell’età pensionabile il segreto sta tutto nell’ABBRACCIARE questa ‘flessibilità” viverla, cavalcarla ed in un certo qual modo sfruttarla. In che modo? Con la” professionalità”. Unire le tue competenze alla tua immagine fino a creare un” pacchetto” in grado di vendersi da solo. Dal lato della DOMANDA (datore di lavoro) la richiesta flessibilità del mercato del lavoro pone il problema alle aziende della “perdita” delle migliori risorse. Che dire, è l’altra faccia della medaglia. Sta a voi governare questo processo, valorizzando il merito e creando una maggiore cultura dell’appartenenza. Il problema è che si vede in ciò un “costo” e non un investimento.
Tutto ciò che scrive é vero…meglio una pessima azienda con al timone un buon capo che il contrario…mi consenta…purtroppo la realtà è tutt’altra🤔
La ringrazio Massimo Rosa per queste sante parole! Ricordo sempre con un certo orgoglio quando, qualche anno fa, ero responsabile logistica in un’azienda e, rispondendo al mio pessimo DG – che voleva scaricare su di me, ma soprattutto sui lavoratori del mio reparto certe colpe derivanti dalla sua incapacità – mi assunsi la responsabilità di tutto, difendendo a spada tratta i dipendenti che stavano “sotto” di me, liberamente citando il Bonaparte: “non ci sono cattivi reggimenti, ma solo colonnelli incapaci”. Non credo colse l’allusione, ma io comunque me ne andai di lì a poco
Difficilmente un’azienda prende degli impegni (che poi deve rispettare) nei confronti del dipendente… Semmai è sempre il contrario. E poi ci si chiede il perché….
“Train people well so to make them willing to leave. TREAT THEM WELL TWICE AS MUCH SO THAT THEY DO NOT WANT TO.” E non é una sola questione di soldi, ma di coinvolgimento, di visione chiara di prospettive. Poi dipende dalla struttura della società. Se la struttura societaria non lo permette, ci si deve arrendere. E’ ineluttabile. Non succede ai nostri figli ? E non si dica che non é la stessa cosa. E’ ineluttabile !!
Salve,oltre a condividere i punti indicati aggiungerei che un buon capitano d’impresa non debba mai perdere contatto con le figure non apicali;potrei motivare con molti argomenti qst mia affermazione ma credo che non ci sia bisogno.
Parole sante! Alle volte spengono anche tutta la passione che una persona mette nel svolgere al meglio il proprio lavoro!
Le persone che lavorano in un’azienda sono considerate degli strumenti per far soldi ai vari capi non umani e si dimenticano che chi lavora per loro sono persone umane che hanno diritti e doveri.Il rispetto è fondamentale!!!.Ma anche l’inserimento nelle aziende per chi ha perso il giro è da cani il tipo di trattamento ancora con metodi arcaici dove ti fanno perdere le staffe ancor prima di lavorare. A volte i capi,o detti tali, utilizzano agenzie che ne selezionano tanto al kg non sapendo niente sull’argomento d’interesse.E il rispetto dov’è?E il senso umano dov’è?Viene prima l’azienda o il dipendente o collaboratore? O forse è nell’interesse reciproco collaborare e parlarsi???