Un venerdì come tanti, 7000 soldati nelle loro uniformi firmate Gucci e Tailleur Dolce & Gabbana, con al polso il Rolex d’ordinanza camminano ordinati e fieri verso il banco dell’accredito, sono le Assise di Confindustria a Verona. Io c’ero e li ho incontrati.
Il morale è alto e la determinazione non manca, nonostante tutto.
Si aprono i lavori e tutti sono alla ricerca della sala prenotata, i tavoli sono sei e gli argomenti ugualmente interessanti. Riesco a seguirne due ma il pensiero è al piano di sotto dove si va oltre la retorica e si fanno le vere chiacchiere, è il coffee area e lo spazio è gremito. Decido di scendere.
Mi immergo nella mischia e vengo travolto da uno stringersi di mani e discorsi appassionati che mi illuminano anche su questioni che solitamente non mi appartengono. Economia, finanza, tecnologia, affari, risorse umane, si parla di tutto ma a coinvolgermi maggiormente è il modo nel quale lo si fa: col cuore. La passione per il lavoro, quella sincera è palpabile ed emerge in ogni frase proferita.
Li ascolto tutti, attentamente, saltellando da uno all’altro in maniera compulsiva, senza tregua.
Non mi ci vuole molto a capire che, non solo il nostro futuro ma quello dell’intera umanità, è nelle loro mani.
Sono i nuovi condottieri, i traghettatori, coloro ai quali dovremo guardare nel momento in cui la new economy travolgerà definitivamente il nostro modo di vivere e di “guadagnarci” da vivere.
Quando a lavorare saranno sempre meno persone sostituite da robots che, nonostante oggi si pensi il contrario, sapranno fare tutto quello che facevano gli uomini ai quali hanno sottratto il posto di lavoro con un’unica eccezione; lo faranno meglio, più rapidamente e a costo zero.
Un baratro verso il quale stiamo andando senza renderci conto che il pensiero semplicistico che afferma “le macchine avranno bisogno di personale preparato tecnologicamente” non regge più perché presto anche i robots impareranno a auto-correggersi, riparandosi autonomamente eliminando definitivamente l’uomo dall’intero ciclo produttivo.
Poi “driiiiiiiiin” la campanella, quasi a sottolineare l’intervallo e l’esercito dei 7000 si sposta nel salone da pranzo dove, nonostante la stanchezza cominci a farsi percepire, i toni e la passione dei discorsi rimangono invariate. Cominciano a vedersi qua e la fra i tavoli i primi accenni di selfie come a voler cristallizzare il momento per renderlo eterno.
Il pranzo è frugale, due piatti e via verso il salone dove ad attenderci c’è Josè Manuel Barroso Presidente non esecutivo di Goldman Sachs International, ex Presidente della Commissione europea che con Marc Lazar Presidente LUISS School of Government intavolano una retorica sull’importanza dell’Unione Europea. Non aggiungono nulla allo stato dell’arte.
Senza accorgercene siamo tutti in piedi con la mano sul cuore ad ascoltare l’inno nazionale e sul palco, acclamato come una Rock Star, sale Vincenzo Boccia. Il Presidente.
Sono una quarantina di minuti di discorso a braccio, certamente premeditato e ben studiato, ma recitato con passione, nel quale scorgo molte delle emozioni vissute in questa giornata e ritrovo gli argomenti discussi con i miei interlocutori.
Un brivido mi attraversa la schiena quando sento il Presidente Boccia pronunciare una frase che recitava pressappoco “Fare impresa dev’essere un onore ed è ora di finirla di essere per questo considerati come un’associazione a delinquere“. Mi sento coinvolto, ho fatto impresa anch’io e capisco nel profondo il significato di quelle parole.
Il tempo vola e ci ritroviamo in piedi ad onorare la testimonianza del Tipografo campano che con determinazione e lucidità ci informa che Confindustria sottoporrà nei prossimi giorni alla classe politica il suo piano programmatico con il quale prevede di reperire 250 miliardi.
Alla classe politica??!
Appena il tempo di recuperare il cappotto e sono nuovamente travolto dall’esercito di soldati che stavolta guadagna l’uscita senza ordine ed i maniera caciarona.
Raggiungo l’auto e con un piede già sul predellino non riesco a non voltarvi un’ultima volta verso quel popolo di Eroi.
Industriali, imprenditori, professionisti, e perché no partite IVA, operatori economici in generale con sulle spalle il fardello del futuro e la responsabilità di rimettere al centro dell’economia l’uomo, la risorsa umana, per evitare che nel prossimo futuro le etichette dei nostro prodotti “Made in Italy” vengano sostituite da “Made in Robots”.
Il lavoro da fare è tanto e le condizioni non sono certamente ottimali ma incontrandoli, sentendoli parlare, osservando l’aurea che li circondava e l’energia della quale erano dotati sono pronto a scommettere che questi soldati vinceranno la loro guerra. La nostra guerra.
Buon lavoro Eroi!
Sarò voce fuori dal coro la sono convinto che le macchine sapranno sempre meglio fare lavori meno difficili o dove la ‘creativita’ e l’ingegno no. Servono.. questo dovrebbe permettere all’uomo di crescere professionalmente per ritagliarsi possibilità di impiego in attività a maggior valore aggiunto è dove poter far valere il proprio ingegno e creatività ad ogni livello. Io sono ottimista
Saluti a tutti
Conosco è rispetto la classe imprenditoriale italiana – che rimane comunque eterogenea per cultura manageriale e capacità – e quella vicina a Confindustria, avendo avuto in passato occasioni di vicinanza al circuito datoriale medesimo. Senza esercizio di sarcasmo, la vera sfida è quella di capire se questi “capitani di domani” sono (e saranno) in grado di affrontare i cambiamenti… il loro in primo luogo. Molte di queste persone (purtroppo) non si pongono alcuna domanda se non quali saranno le politiche fiscali; altri si concentrano tanto pervicacemente sui propri “sogni” da non comprendere che li hanno già trasformati in incubi per i loro collaboratori, fornitori e clienti; altri ancora parlano con enfasi di innovazione, senza sapere cosa sia un banale sistema ERP o il marketing di base (e magari spendono molto danaro per uno splendido sito web e relative pagine social, che non vengono poi alimentati da alcun “digital content”). Solo una sparuta minoranza sta “ventre a terra” a studiare i contesti, rielaborare Business Model ed affrontare quotidianamente il cambiamento!! La speranza del nostro paese è affidata al fatto che questa piccola schiera possa gradualmente ampliarsi…
Chi ha bisogno di Rolex e vestiti firmati , e auto di grandi cilindrata per affermarsi , non lo reputo eroe
Manuele credo che il Rolex e gli abiti siano parte della simbologia e di una rappresentazione che richiede di essere identificati tramite una “divisa” non credo si possano riferire a pochezza di valori.
Io li vedo più come i fanti sul Carso e, da libero professionista mi ci metto pure io… non so se sia eroismo o follia volere fare impresa in Italia. Ne ho incontrati e ne incontro ancora tanti tra speranze sogni e disperazioni. E so che è sempre più difficile aiutarli a trovare motivazione e forza di andare avanti. Eppure per fortuna esistono ancora!
Incontro per lavoro moltissimi imprenditori e sono d’accordo: sono animati da volontà, creatività, entusiasmo. Questo purtroppo non basta: moltissime aziende saranno spazzate via a causa della debolezza (anzi direi assenza) di competenze di management, soprattutto in campo di finanza, pianificazione, budget e controllo. Purtroppo se ne accorgono quando i buoi sono scappati.
Personalmente ad un incontro del genere avrei preferito una giornata di approfondimento sull’esegesi “Dylan Dog questo non morto ultracententenario chw parla con Groucho Marx”…
Partendo dall’assunto che odio i fumetti, credo di trasmettere in modo alquanto chiara cosa penso dell’imprebditoria italiana che si ritrova vestita D&G Rolexati e Ferragamati che girano pet le stanze del comando… Come sperare di conoscere Dart Vader e scoprire che è un appassionato di youporn…
Le conclusioni sono: mettiamo le occasioni ufficiali per sfoggiare il “pradino” da parte, ricominciamo a fare quello che hanno fatto i nostri nonni e cerchiamo di farlo bene come come loro… Forse risolveremo metà dei problemi del mondo..
Chi avrà da contestare o è una personalità da protofallito alla Alessandro Proto o sfoggia il pradino ferragamato…
Gabriele le assicuro che dietro il pradino ferragamato ho scoperto con piacere che battono ancora cuori appassionati.
Condivido. Per uscire dalla palude, l’ltalia si deve affidare a chi fa impresa.
Qualcosa nel paradigma economico globale non va. Per come viene gestito ora il sistema di lavoro / paga, alla lunga saremo tutti sostituiti dai robot. Ci pensi: se gli operai possono essere sostituiti, quindi gli impiegati, quindi i dirigenti, in mezzo ai soli robot, perché non gli imprenditori? Allora chi tirerà le corde? Chi premierà i pulsanti in un mondo di disoccupati? Siamo tutti sulla stessa barca. Credo che il discorso sia complesso ma il punto deve essere NON la guerra alla tecnologia quanto la ri progettazione della società del futuro e della sua economia fatta dagli uomini con l’aiuto dei robot, per gli uomini. Complimenti per il post accorato, è bello leggere e sapere che esiste ancora gente che mette tanta passione per il lavoro 😉
C’era anche il nuovo Von Clausewitz..?
Non sarei così ottimista (o sarcastico)!
Non ho ancora mai sentito un imprenditore dire: “guadagno abbastanza, non mi serve altro, il resto che lo guadagni pure chi lavora per me!”.
Saranno quindi questi “eroi” a perseguire tenacemente prima ancora che il profitto, la marginalità… al grido di: “CONTENIAMO I COSTI”.
Saranno loro più di altri a spianare la strada alle macchina, dopo averla spianata ai lavoratori dei paesi dove questi non hanno diritti.
Si, caro Massimo, sulle etichette sarà scritto “made in robots”, ma nessuno potrà più comprare nulla.
Mala tempora currunt!
W il Made in Italy…
L’ho riconosciuta al tavolo durante il pranzo con la delegazione di Bergamo vero?
Imprenditori ed eroi dei nostri tempi!
Stesse identiche emozioni. Fantastico.
Assolutamente d0accordo con lei, gli imprenditori meritano il titolo di EROI!